vai ai territori

Home 5 No profit in crescita nonostante la crisi

No profit in crescita nonostante la crisi

20 Apr 2012

La voglia di fare per gli altri in Italia è diffusa, così come è diffusa la stima nei confronti delle istituzioni volontaristiche. Secondo una rilevazione Istat del 2008, quasi il 10 per cento dei cittadini sopra i 14 anni partecipa ad attività sociali e di volontariato. Il rapporto sul mercato del lavoro 2010-2011 del Cnel afferma che “il terzo settore in Italia esprime complessivamente il 3,5 per cento dell’occupazione, con tendenza in crescita”. Mentre la ricerca 2012 dell’Eurispes sulla fiducia degli italiani nei confronti delle istituzioni vede il volontariato al primo posto, con oltre il 77 per cento di approvazione, una fiducia maggiore di quella riposta nel Presidente della Repubblica, nelle forze dell’ordine o nella magistratura (per non parlare di partiti politici e Parlamento, in forte calo di consensi). Su quanto vale il settore in termini monetari o di “prodotto” non ci sono dati certi, anche perché l’attività gratuita è di difficile misurazione ma le stime più accreditate forniscono una cifra attorno ai 40 miliardi l’anno. La cosa interessante è che, nonostante le donazioni siano in diminuzione a causa della congiuntura economica, il settore del non profit continua a crescere, anche perché è in grado di offrire i suoi servizi con risorse scarse. Una misura di quanto si siano ridimensionate le entrate la dà una ricerca dell’Istituto italiano della donazione (lid) su un campione di 163 imprese: nel 2011 si sarebbe registrato un calo del 26 per cento delle donazioni da privati rispetto al 2010. È evidente come in questo contesto i fondi raccolti grazie al 5 per mille, meccanismo di finanziamento introdotto nel 2006 ma di cui solo ora il ddl di delega fiscale prevede la stabilizzazione, siano diventati sempre più importanti. A dividersi un contributo complessivo di 400 milioni di euro nel 2009 (il dato più recente) sono stati 42.724 enti non profit, tra istituti di ricerca scientifica e sanitaria, istituzioni del volontariato, associazioni sportive, più gli 8.100 comuni italiani. Solo da quest’anno tra i possibili beneficiari c’è anche il ministero dei Beni culturali. Non mancano però i punti critici, in particolare il forte ritardo nella comunicazione. Entro il 31 marzo 2011 – ha denunciato in una nota il Forum del Terzo settore – l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto pubblicare l’elenco dei soggetti ammessi al beneficio del 5 per mille nel 2010, con l’indicazione degli importi. Stessa cosa sarebbe dovuta accadere allo scadere del 31 marzo 2012, per i beneficiari 2011. A oggi però non c’è traccia dei suddetti elenchi”. A esprimere una scelta nella dichiarazione dei redditi sono circa 16 milioni di contribuenti, due terzi dei totale. Va ricordato che il 5 per mille non rappresenta un contributo aggiuntivo, né la mancata indicazione farebbe risparmiare sulle imposte. Il meccanismo è lo stesso dell’8 per mille (le due scelte non sono alternative, possono essere espresse entrambe) e si basa sul principio della sussidiarietà fiscale: al cittadino è data la facoltà di scegliere dove indirizzare una parte delle imposte dovute. Anche per questo l’inserimento dei Beni culturali tra i beneficiari è visto dagli addetti ai lavori con perplessità: restando in capo al ministero la scelta di come utilizzare i fondi, il principio di sussidiarietà verrebbe snaturato. Ecco le 10 migliori preferenze registrate per il 5 per mille in Italia nel 2009. Sintesi di un servizio di Marco Maroni nel periodico ”Mondo“, datato come uscita il 27 aprile.

Archivi

Categorie

Skip to content