Partendo dall’analisi dell’antropologo e sociologo francese Marcel Mauss, che considera la pratica del donare fondata su tre azioni – dare, ricevere e ricambiare -, la relatrice ha dimostrato come il dono del sangue abbia delle connotazioni del tutto particolari rompendo, grazie all’anonimato del donatore, il legame sociale che implica la restituzione.
L’antropologa si è però spinta ancora oltre. Definendo il dono come un’uscita dal proprio ego per andare verso l’altro, si è chiesta come questo processo si instauri quando si tratta di un “altro diverso”, vale a dire lo straniero e l’immigrato. Un’analisi portata avanti analizzando nello specifico il dono del sangue. Quest’ultimo ha peculiarità e caratteristiche che si diversificano culturalmente. E non si può certo dare per scontato che una persona con usi e costumi ben precisi accetti il sangue da qualcuno che ha una base socio-culturale differente. Ecco che allora, quando questo scoglio è superato attraverso azioni di sensibilizzazione, il dono del sangue anonimo, gratuito e volontario e le questioni ad esso connesse possono sollecitare politiche di integrazione sociale che trovano in questo atto spontaneo un fondamento umano in cui il “noi” e “gli altri” si riscoprono senza differenze e discriminazioni.
In questa accezione dunque l’altruismo ha una connotazione del tutto particolare. A differenza del termine solidarietà, che semanticamente contiene le parole “similes e solidales” e quindi si consuma all’interno di una famiglia o di un gruppo ben circoscritto, l’“altruismo” implica “l’andare verso altro” senza pensare a un possibile vantaggio per sé o la comunità di appartenenza.
Attraverso il dono, ha quindi concluso la Fantauzzi, il mio sangue scorre nell’altro e l’altro può scorrere nel mio sangue. Ciò significa che, almeno utopicamente, le “dis-armonie dell’altruismo” legate a possibili riscontri egoistici della sfera personale, si trasformano in “armonie dell’altruismo”. E i valori astratti di cittadinanza si traducono in un gesto concreto: offrendo una parte di se stesso per il bene della comunità ci si sente parte di essa e quindi un cittadino a tutti gli effetti.