Gli angeli delle corse

Alla Rimini Marathon, la gara che attraversa i luoghi più suggestivi della città, partecipano anche gli spingitori di carrozzelle, volontari che aiutano e sostengono gli atleti con disabilità durante la competizione. Uno di loro, Federico Sacchi, ci ha parlato di questo ruolo, evidenziando le gratificazioni ma anche i sacrifici che comporta.
Federico, com’è iniziata la tua avventura da spingitore?
È nata per caso: io e Alberto, un amico, partecipavamo a una corsa, la River Run, che parte dal ponte di Tiberio, ci trovavamo sul punto d’arrivo e ci è venuto incontro un numeroso gruppo di maratoneti in carrozzina con i loro spingitori. Siamo rimasti molto colpiti e abbiamo avuto l’idea di progettare anche noi delle sedie da gara. Successivamente abbiamo proposto a un ragazzo disabile di San Marino di partecipare alla maratona di Rimini assieme a noi, con un ottimo risultato. Sulla scia di quel successo abbiamo realizzato carrozzine per altri e da allora siamo sempre rimasti all’interno del gruppo di spingitori.
Quali sensazioni ti dà partecipare a una gara insieme a dei ragazzi con difficoltà motorie?
Quelle principali sono la voglia e la passione nell’affrontare una corsa, poi c’è l’amicizia che si crea tra spingitore e ragazzo, un requisito fondamentale per partecipare in serenità. È appagante poi, la sensazione di essere all’aria aperta e c’è la forte emozione di poter accompagnare una comitiva di maratoneti al traguardo.
Quali sono le soddisfazioni e le criticità che incontrate voi volontari?
Le difficoltà più grosse si presentano nell’organizzazione, perché comunque le sedie hanno un peso importante e quindi bisogna mobilitarsi in anticipo per il loro trasporto; inoltre necessitano di una continua manutenzione e per ogni gara vanno smontate aggiustate e sistemate, quindi c’è un grande lavoro dietro. Durante la manifestazione si può forare una gomma, ci può essere un freno consumato… tutti piccoli impedimenti che purtroppo possono influire anche sulla gara di altri atleti. All’arrivo può essere difficoltoso muoversi con le sedie in mezzo alla folla, poiché sono molto ingombranti, infatti stiamo lavorando a un sistema che permetta di utilizzare un’unica carrozzina sia per la manifestazione che dopo.
Puoi raccontare qualche aneddoto delle varie maratone che ti è rimasto impresso?
Posso dire che ogni corsa è a sé ed essendo in tanti ci sono sempre delle cose da fare e da sistemare; può succedere di tutto, come ad esempio un acquazzone imprevisto. Un tratto distintivo delle gare è comunque la “pazzia” che ci accompagna, insieme a tanti piccoli dettagli: Alfredo (un altro volontario) che ci segue con la cassa che trasmette musica, la gente che sostiene i maratoneti incitandoli e tanto altro.
Alla fine di ogni corsa, cosa ti lascia la giornata appena trascorsa?
Un senso di gratitudine per aver portato a termine una competizione con un gruppo di ragazzi che stanno bene insieme e si divertono, quindi ti fanno arrivare al traguardo con il sorriso. C’è proprio una spensieratezza generale e un approccio diverso da quello delle gare classiche, in cui magari ti concentri più sul tempo migliore da fare invece di goderti l’esperienza. Quello che rimane principalmente è la forza della comitiva, in cui tutti, sia spingitori che ragazzi, collaborano in armonia prendendo parte alle corse e facendolo insieme.