Fare rete in carcere
![Roberto-Cavalieri-Garante-Detenuti-Emilia-Romagna (1) Roberto Cavalieri, Garante Detenuti Emilia Romagna](https://i0.wp.com/volontaromagna.it/wp-content/uploads/2025/02/Roberto-Cavalieri-Garante-Detenuti-Emilia-Romagna-1.jpg?fit=875%2C500&ssl=1)
Un percorso senza dubbio innovativo quello promosso da Roberto Cavalieri (nella foto), Garante dei Detenuti dell’Emilia-Romagna che, con il supporto dei Centri di Servizio per il Volontariato, ha voluto valorizzare e ascoltare i volontari su come vivono il carcere, mettendoli allo stesso tavolo con pubbliche amministrazioni e direzioni penitenziarie.
Nel 2024 si è molto lavorato sulla rete: come si è sviluppato questo percorso?
Nel corso di questo mio mandato ho dedicato parte della mia attenzione al volontariato penitenziario e dell’esecuzione penale esterna. Il mio obiettivo era quello di “mescolare le carte” e fare conoscere ai volontari carceri di altri territori e di connetterli con altre realtà di volontariato. È cosi che oltre 200 persone a livello regionale hanno aderito alle cosiddette visite formative nelle carceri dove, in collaborazione con le direzioni e i comandi della Polizia penitenziaria, hanno potuto visitare le carceri e gli spazi trattamentali di altri istituti, incontrare e parlare con altri volontari, conoscere i progetti che si realizzano. A questo lavoro è seguita una indagine svolta con un questionario e dei focus-group dedicati a temi specifici che andavano dal contrasto alla povertà, alla religione, allo sport, alla scuola, un’occasione per ascoltare i volontari e i problemi che incontrano nel loro operare. Il lavoro svolto è stato poi raccontato e commentato in un convegno con 180 presenze, promosso insieme ai Csv e raccontato nel report dal titolo: “Carcere, esecuzione penale esterna e volontariato: bisogni, idee e sfide fra presente e futuro”, consultabile nel sito del Garante.
Quali sono i temi salienti emersi?
Sicuramente è necessario che il volontariato assuma una dimensione di scambio di buone pratiche, anche attraverso momenti di formazione condivisa. Come Garante ho voluto essere uno stimolo in questa direzione: il tema della detenzione è uno, anche se i territori sono tanti, è inutile quindi fare eccessi di progettazione locale, con il rischio di creare situazioni a macchia di leopardo, in cui un detenuto, rispetto a dove si trova, è più fortunato dell’altro. Sono disuguaglianze che vanno superate. Per garantire pari opportunità tra i detenuti è importante la rete tra volontari, direzioni penitenziarie e pubbliche amministrazioni, superando i provincialismi.
Il volontariato diventa quindi una delle gambe su cui si regge il sistema, qual è il suo ruolo dentro il carcere?
Il volontariato nell’ambito penitenziario è contemplato in due articoli dell’Ordinamento penitenziario, la norma che regola il funzionamento di un carcere e il trattamento di una persona condannata. Nel concreto il volontariato collabora con la direzione del carcere nella realizzazione del progetto di istituto e quindi nelle attività alle quali partecipano i ristretti: lo sport, la scuola, la cultura, il culto… Si tratta di un elemento fondamentale nella vita di un penitenziario, basti pensare alla grande quantità di persone povere e bisognose che si trovano in un carcere. Il volontariato è di fatto il volto umano di un carcere, anello di congiunzione tra il dentro e il fuori, punto di appoggio per i detenuti che vivono in una situazione di privazione e, va detto, molto al limite sotto il profilo del rispetto dei diritti.
Può fare qualche esempio concreto?
La distribuzione di vestiti o di beni di prima necessità. In alcuni istituti, come a Forlì e a Ferrara, i volontari hanno degli spazi che attrezzano con abiti usati in accordo con le direzioni, per fornire abiti e quanto necessario. Non è banale: si pensi ai giunti per arresti improvvisi che non hanno altro che i vestiti con cui arrivano da casa. Ci sono poi enti, come il San Cristoforo e Per Ricominciare di Parma, la Papa Giovanni XXIII di Rimini o la diocesi di Bologna, che offrono degli alloggi per i detenuti che hanno, per esempio, una licenza per uscire, uno spazio per loro fondamentale per poter trascorrere un tempo con le proprie famiglie.
C’è poi un capitale relazionale importante: molti detenuti vivono lo stigma e anche amici e familiari si allontanano, lasciandoli soli. I volontari diventano quindi punti di riferimento anche per cambiare uno spazzolino da denti o avere un quaderno su cui scrivere, spesso sono loro ad alimentare fondi cassa per queste piccole spese, in quanto i fondi destinati sono spesso largamente insufficienti rispetto ai bisogni…
Accennava all’esecuzione penale esterna, che cos’è e perché è importante il volontariato in questo ambito?
L’esecuzione penale esterna riguarda le persone condannate che scontano la pena all’esterno del carcere. Esistono diverse forme di esecuzione esterna tutte attraversate dalle prescrizioni definite da un Magistrato di sorveglianza. In questo ambito il ruolo del volontariato si riduce rispetto al numero di persone che hanno bisogno, normalmente chi ha una rete famigliare riesce a provvedere ai propri bisogni. Ciononostante non è scontato trovare un alloggio, un lavoro o, ed è fondamentale, una rete di relazioni sulle quali contare e riprendere il percorso per ritornare a essere autonomi. In questo il volontariato, a differenza delle istituzioni, ci mette la faccia. La Caritas di Parma, per fare un esempio, ha accolto detenuti che hanno avuto pene e percorsi detentivi di alta sicurezza, trascorrendo decenni in carcere. Persone poco appetibili per il mercato del lavoro che, senza il volontariato, non avrebbero nessun tipo di alternative.