III settore, riforma a breve

22 Gen 2016

È una delle riforme intraprese dal governo Renzi di cui si parla meno, anche se di tanto in tanto è lo stesso presidente del Consiglio a ricordare la sua importanza, una riforma di quel Terzo settore “che in realtà è il primo”, come ebbe a dire ormai quasi due anni fa, quando l’idea di dare una nuova cornice normativa al settore del non profit fu lanciata. Una riforma attesa da tempo e di cui nessuno negava la necessità: nelle previsioni del governo avrebbe dovuto diventare legge già sei mesi fa, ma la realtà ha riservato sorprese e complicato un processo che pareva più lineare.


Prima le linee guida, poi una consultazione pubblica, poi la presentazione di un disegno di legge delega da parte del governo (era l’agosto 2014), poi l’inizio di un iter parlamentare che ancora è lontano dal concludersi. Alla Camera dal settembre 2014, l’approvazione in prima lettura è dell’aprile 2015, quella del Senato non arriverà prima di qualche altra settimana.

Ammesso che la discussione in commissione Affari Costituzionali – dove il testo è incardinato – riesca effettivamente a sciogliere i nodi e ad arrivare a un nuovo testo capace di reggere l’onda d’urto del ritorno in seconda lettura a Montecitorio. Il governo, lo ha già ripetuto più volte, ha lavorato già ai decreti attuativi e il percorso, una volta approvata la legge delega, dovrebbe essere abbastanza rapido.

Il testo. La legge delega il governo alla riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e alla disciplina del Servizio civile universale. Tante le esigenze sul piatto: semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica degli enti, razionalizzare il sistema di registrazione, definire il “Terzo settore” individuando le attività di interesse generale che lo caratterizzano, indicare i requisiti per l’accesso alle agevolazioni previste (“separare il grano dal loglio”, era stata in principio uno degli slogan più gettonati).

La legge affronta il tema del volontariato (ma troppo poco e male, secondo le principali associazioni) e si concentra in particolare sull’impresa sociale, allargandone l’ambito di attività e aprendo alla possibilità di distribuirne gli utili: una previsione, questa, che è stata finora oggetto di numerose polemiche per una presunta apertura del non profit al profit.

Ulteriore necessità affrontata dalla legge è quella delle funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sugli enti del terzo settore, per le quali si è esclusa l’ipotesi di una Autorithy dedicata affidando invece le attività al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Nel ddl anche la delega ad intervenire sulle misure fiscali e di riordino delle disciplina, con la definizione di ente non commerciale ai fini fiscali e la descrizione del regime di tassazione agevolato garantito in virtù delle finalità solidaristiche e di utilità sociale dell’ente.

Nel testo, anche la nascita del “servizio civile universale”, che resta nell’alveo dell’art. 52 della Costituzione (“difesa non armata” della patria) per giovani fra 18 e 28 anni, con una durata del servizio fra otto e dodici mesi e un contingente previsto di 100 mila giovani in servizio ogni anno.

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