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Post mastectomia: nuova tecnica intervento

14 Giu 2010

Una sfida vinta da Paola Montanari, volontaria dell’associazione Adocm Crisalide e prima paziente a sottoporsi all’intervento, con l’aiuto dei medici-chirurghi Domenico Somorani e Luca Fabiocchi, dell’Unità Funzionale di Senologia dell’ospedale Infermi. Un’opportunità, quella di utilizzare un lembo di origine animale, che la stessa Montanari spiega di avere accolto con entusiasmo, nel momento in cui si è trovata ad affrontare il suo secondo intervento di carcinoma mammario, per la riduzione dei rischi e dei tempi di recupero. Il tumore alla mammella è una patologia le cui conseguenze creano importanti implicazioni emotive e psicologiche nella donna in quanto, oltre alla salute, ciò che viene colpito è l’immagine stessa della femminilità del proprio corpo. Ecco perché, negli anni, si è sviluppata una sensibilità scientifica che, alla chirurgia “demolitiva” ha sostituito un approccio “conservativo” per delle soluzioni più attente anche al risultato estetico dell’intervento. In questo percorso si inserisce l’attività dell’associazione di volontariato Adocm Crisalide, da sempre presente nel promuovere e sollecitare l’acquisizione delle novità terapeutiche e del know how tecnologico nel contesto riminese. L’organizzazione, in collaborazione e sinergie con altre associazioni del territorio che operano in ambito sanitario, si impegna, infatti, nel rispetto del principio di solidarietà, a diffondere informazioni affinché le donne possano essere soggetti attivi e fare scelte consapevoli nel percorso di recupero della propria salute. Nell’immediato sono due i vantaggi legati a questa nuova tecnica: la diminuzione degli interventi chirurgici da due o tre a uno solo e la riduzione dello stress psicologico connesso al recupero immediato della propria immagine. Nello specifico, l’intervento prevede l’utilizzo di matrici di tessuto ricostruttivo di origine animale usate come “ponte” tra il solco sottomammario e il muscolo pettorale. Questa tecnica consente di ovviare all’ischemia e alla fibrosi muscolare con il rischio di infezione e conseguente espulsione della protesi, permettendo al contempo un impianto definitivo anche nelle donne sottoposte a radioterapia sulla mammella, per le quali la ricostruzione mammaria immediata sarebbe controindicata. La matrice viene poi con il tempo completamente colonizzata dal tessuto autologo, senza reazioni da corpo estraneo evitando uno sposizionamento. Una proceduta già praticata negli Stati Uniti e nel resto d’Europa.

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