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Quando il razzismo vince

26 Mar 2012

C’è chi afferma che la nostra, è una provincia tollerante in cui ci sono associazioni che operano con persone di diversa etnia e religione. Forse è vero, però il termometro di quanto il razzismo e la stupidità siano presenti sembra che lo si possa verificare anche nei campi di calcio di categoria inferiore. Condizione indispensabile è avere una squadra con giocatori di diversa nazionalità nel terreno di gioco. Roberto Renzi, presidente e tecnico della Giovanile di Rimini rientra nella “condizione indispensabile” e ha ritirato la sua squadra da un torneo federale. La notizia è clamorosa e arriva dalle pagine di cronaca in cui il patron della formazione multietnica, che si ritrova allo storico campo dei Ferrovieri, ha affermato di non farcela più a fare il pompiere per fermare i suoi ragazzi sempre più infiammati da offese e provocazioni. Normalmente la movida razzista inizia fuori dal campo curata da un pubblico pronto a riconoscere subito lo ”sporco“ del colore della pelle. Anche i giocatori avversari a volte non risparmiano offese ma questo succede in tutti i rettangoli di gioco e non solo con ragazzi di altri paesi che vivono nel riminese. In altri casi sono i dirigenti più maldestri che non fanno complimenti nonostante il loro incarico. Dovrebbe essere solo una partita. Invece Roberto Renzi appena scende in panchina sente sin troppo spesso la solita tiritera di frasi disgraziate, ben distribuite fuori e dentro il campo. E non può fare altro che motivare i suoi e chiedere ripetutamente di non rispondere alle provocazioni. Non prova sorpresa ormai neanche quando avverte la netta sensazione che non ci siano rapporti che documentino queste situazioni. La scelta di far calare il sipario sul campionato nasce da tutto questo concerto di cose in cui la ciliegina è fermare i suoi ragazzi che non riescono a giocare tranquilli né tanto meno a divertirsi. La società nasce nel 2003 come “Giovanile Rimini”, nome societario semplificato nel tempo in “Giovanile”. Il primo “non italiano” ad arrivare nel gruppo è stato un ragazzino cinese, negato per il calcio ma ideale mascotte del gruppo. Poi, negli anni si sono aggiunti, nord africani, albanesi, ivoriani, senegalesi, slavi. Una aggregazione in cui si sono miscelate dietro la palla etnie, esperienze calcistiche, emozioni, delusioni, rabbia, gioia, voci in italiano e in lingua natale. Un gran bello spogliatoio che ha ottenuto lusinghieri successi come la promozione dalla III in II Categoria e la Coppa Disciplina 2010/2011. A Roberto Renzi questa sua insolita opera di volontariato piace. E così ora preferisce invece che giocare nel campionato federale, organizzare amichevoli e valutare al meglio altri impegni in futuro. “Ho sentito – conclude – espressioni razziste anche verso la nostra squadra multietnica di adolescenti. Sono spesso genitori, parenti e dirigenti a offrire questo scempio senza che nessuno prenda provvedimenti. Proprio un bell’esempio. Soprattutto per chi è in campo…”.

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