Una nuova era per i Csv

12 Ott 2018

Cambia l’assetto dei Centri di servizio per il volontariato (Csv) sul territorio nazionale: entro il 2019 ne saranno operativi soltanto 49. Lo ha deciso l’Organismo nazionale di controllo (Onc) che, nell’ultima riunione della fondazione tenutasi il 10 ottobre 2018, ha dato seguito al percorso già avviato in questi anni, in cui i Csv dai 78 iniziali sono passati ai 65 attuali. Rispetto a quanto previsto dalla Riforma, l’Onc ha però concesso alcune deroghe che hanno interessato otto regioni, in cinque delle quali opereranno più Csv di quanti ve ne sarebbero stati applicando la norma alla lettera. Volontarimini è con Assiprov di Forlì-Cesena e Per gli Altri di Ravenna.

Cosa sono i Centri di Servizio per il Volontariato

I Centri di Servizio per il Volontariato nascono per essere al servizio delle organizzazioni di volontariato (Odv) e, allo stesso tempo, sono da queste gestiti, secondo il principio di autonomia affermato dalla Legge quadro sul volontariato n. 266/1991. In base alla Legge delega per la riforma del Terzo settore n. 106/2016 (legge 106/2016) i Centri hanno il compito di organizzare, gestire ed erogare servizi di supporto tecnico, formativo ed informativo per promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari (5,5 milioni secondo i dati Istat al 2017) in tutti gli enti del Terzo settore. 
I CSV operanti nel 2018 sono 65, articolati in tutte le regioni italiane, con una rete di oltre 389 sportelli e con 843 addetti. Secondo l’ultimo Rapporto annuale realizzato da CSVnet, i Centri erogano oltre 220 mila servizi a più di 42 mila beneficiari, soprattutto associazioni piccole e poco strutturate che sarebbero altrimenti prive di supporti adeguati.

I Csv regione per regione

In dieci regioni e nelle due province autonome sarà costituito un solo Centro di servizio, mentre nelle restanti nove il numero del Csv oscillerà tra 3 e 6.
Nel dettaglio.

In Abruzzo, i quattro Csv attualmente attivi (L’Aquila, Chieti, Pescara e Teramo) si fonderanno insieme; in Calabria, da cinque Csv (Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia) si passerà a tre (Reggio Calabria, Cosenza e Catanzaro-Crotone-ViboValentia). In Campania i Csv di Napoli, Caserta e Salerno non subiranno modifiche, si uniscono invece i Csv di Avellino e Benevento. Passa da nove Csv a quattro, l’Emilia-Romagna: Csv di Bologna, Ferrara-Modena, Forlì-Cesena-Ravenna-Rimini; Parma-Piacenza-Reggio Emilia. In Liguria i cinque Csv diventeranno tre: oltre a Genova e La Spezia, uniranno le forze i Csv di Savona e Imperia. In Puglia saranno quattro i Centri, contro i 5 attuali, così distribuiti: un Csv per Bari e Bat (Andria, Barletta, Trani, Bisceglie, Canosa di Puglia, Minervino Murge, Spinazzola), al Csv di Foggia saranno aggiunti altri comuni della BAT, ovvero Trinitapoli, Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia. Brindisi e Lecce uniranno le forse in un unico Csv, infine resta intatto il Csv di Taranto. Cambia anche il volto dei Csv del Veneto: dai nove centri di servizio attivi fino ad oggi, soltanto Venezia, Verona e Vicenza non subiranno cambiamenti. I due accorpamenti riguarderanno Belluno (primo Csv d’Italia) e Treviso, mentre Padova e Rovigo saranno protagonisti del seconda fusione della regione. Anche l’Umbria  sta perfezionando l’accorpamento dei Csv di Perugia e Terni. Nel Lazio, invece, Cesv e Spes hanno intrapreso da tempo un cammino di avvicinamento e già da gennaio 2019 i due Csv confluiranno nel Centro per il volontariato Lazio.

Immutata la situazione per i Csv regionali o provinciali come Sardegna, Basilicata, Valle d’Aosta, Trento, Toscana, Molise, Marche e Friuli-Venezia Giulia. Il Piemonte continuerà ad avere cinque Csv (uno a Torino, il secondo per Asti e Alessandria, il terzo per Biella e Vercelli, quarto per Cuneo e l’ultimo tra Novara e Verbano Cusio Ossola). Intatta l’organizzazione dei Csv anche in Sicilia, dove operano tre Csv: un Centro per Palermo, Agrigento, Caltanissetta e Trapani, un secondo per Catania, Enna, Ragusa e Siracusa e un unico Csv provinciale per Messina.

La Lombardia, invece, è stata la prima regione ad avviare una riorganizzazione territoriale nell’ottica della Riforma, già dal 2018 da 12 si è passati agli attuli 6 Csv (Milano, Bergamo, Brescia, Como-Varese, Lecco-Monza-Sondrio e infine il Csv Lombardia sud). Ultimo nato, infine, il Csv di  Bolzano: apertura che va a completare il quadro nazionale.

Csvnet: si mantiene il radicamento territoriale

Un “processo partecipato e mai verticistico”. La riorganizzazione, spiega Csvnet, non determinerà una svalutazione di due tra i maggiori punti di forza dei Centri di servizio, ovvero il radicamento territoriale e la capillarità dei 400 “punti servizio” in tutta Italia. “Il cammino che ora inizia, e che comporterà la scrittura dei nuovi statuti – sottolinea il presidente di Csvnet, Stefano Tabò -, permetterà di reinterpretare e rafforzare questa presenza, rendendo possibili nuove configurazioni operative e ottimizzando risorse ed energie. Un passaggio del resto direttamente rispondente allo scenario prefigurato dal Codice del terzo settore”. Un cambiamento epocale per i Csv, quindi, con un coinvolgimento dell’associazionismo territoriale. “Si è trattato di processi partecipati e mai verticistici – sottolinea ancora Tabò -, dai quali sono emersi orientamenti che, ad eccezione di una sola regione, l’Onc ha pienamente recepito. Da parte nostra, esprimiamo soddisfazione per la lungimiranza dell’Organismo di controllo, che è stato capace di conciliare i principi di legge con la disponibilità a gestire con attenzione un passaggio dalle notevoli implicazioni anche simboliche”.
Inizia così una “nuova stagione” per i Centri di servizio per il volontariato, avviata con la riforma del 2016 che chiede ai Csv di “promuovere e rafforzare la presenza e il ruolo dei volontari” in tutti gli enti del terzo settore.

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