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Riforma Terzo Settore: dubbi e consensi

19 Mag 2014

Da tre interviste apparse su Redattore sociale, i pareri di alcuni esperti e intellettuali del mondo non profit sul documento pubblicato da Renzi

LO SCETTICO

Scettico Giovanni Moro, autore del libro “Contro il non profit” pubblicato per Laterza, sottolinea la necessità di cambiare prospettiva partendo non dall’assetto formale delle associazioni, ma dalla realtà dei fatti, interrogandosi sull’interesse sociale dal punto di vista dei beneficiari. Per Moro, dividere il settore in base all’essenza giuridica è una semplificazione poco utile. “Il limite principale – spiega – è che non c’è [nelle linee guida] un riferimento al fatto che il valore sociale di queste organizzazioni deve essere determinato in base alle loro attività, non in base alle loro intenzioni espresse negli statuti… L’associazione di volontariato che fa assistenza a malati terminali non ha lo stesso valore sociale di un’associazione di volontariato che organizza gite turistiche…”.

Poco convinto anche sull’istituzione di un’Authority del Terzo settore, una realtà che dovrebbe avere un ruolo di controllo. Per Moro, infatti, poter verificare le attività di tutto quello che oggi viene chiamato non profit è praticamente impossibile.

Ultima questione posta dall’autore, ma non di minor importanza, è l’interrogativo su “che modello di welfare vogliamo?”, nel testo, nota, la parola diritti appare solo due volte nell’enunciazione di principio, tuttavia “non dobbiamo dimenticare mai che stiamo parlando di diritti che definiscono la cittadinanza in Italia e in tutta Europa”.

L’OTTIMISTA

Positivo il parere di Stefano Zamagni (nella foto), economista italiano, ex presidente dell’Agenzia per il Terzo settore, che promuove a pieni voti la volontà di istituire l’Authority del Terzo settore, garante di trasparenza. Un ente a cui bisogna dare, secondo il professore, poteri di ispezione e sanzione amministrativa.

Bene anche la volontà di riformare l’assetto giuridico, per una cornice di riferimento coerente. “Dentro il Terzo settore ci sono alcuni che non hanno ancora capito la logica del bene comune. Ognuno guarda al proprio particolare, ma si perde di vista l’insieme”. La riforma del servizio civile avvicina poi l’Italia all’Europa e valorizza la prospettiva occupazionale offerta da questa esperienza.

Quello che Renzi ha capito, secondo Zamagni, è che “occorre riconoscere una soggettività anche economica ai soggetti del Terzo settore… Nelle nostre economie di mercato non possono operare solamente imprese di tipo capitalistico… Bisogna che ci sia pluralismo non solo in politica ma anche in economia e questo non può non essere un punto di straordinaria importanza”.

IL PRUDENTE

Non si sbilancia don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco fondatore dell’agenzia giornalistica Redattore sociale, che aspetta l’evolversi del dibattito sottolineando i nodi centrali su cui è necessariuo fare chiarezza “fanno piacere le linee guida pubblicate da Renzi, ma ora il lavoro dovrà avere quattro attenzioni: fare una riforma senza aver fissato le linee del nuovo welfare è rischioso; porre l’accento sulle contraddizioni tra finalità sociali, fiscalità dovute e regimi di regolamentazione; curare i rapporti istituzionali, senza dimenticare gli obblighi di aiuto e sostegno delle pubbliche amministrazioni e prevedere risorse adeguate”.

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