Le dimensioni della povertà

Nel 2024, in Emilia-Romagna, più di un individuo su dieci (10,1%) vive in famiglie a rischio di povertà o esclusione sociale, indicatore in aumento rispetto al 2023, quando era pari al 7,4%. Circa 121mila emiliano-romagnoli in più rispetto all’anno precedente si trovano quindi in condizione di rischio povertà o esclusione sociale. Così si legge nel sito della Regione Emilia-Romagna che riporta i dati dell’Indagine su Reddito e condizioni di vita (Eu-Silc) per il 2024.
Ma cosa significa oggi povertà e quali sono le cause di questo aumento? Se ne parla con tre interlocutori che, sul fenomeno, hanno sicuramente un osservatorio privilegiato, Filippo Monari, direttore Caritas Forlì Bertinoro e delegato regionale, Mario Galasso, direttore di Caritas Rimini e Don Alain, direttore di Caritas Ravenna Cervia.
Le cause della povertà
“Un primo dato è il palese rincaro delle spese familiari, soprattutto dei generi alimentari – spiega Filippo Monari –. Solo all’emporio solidale di Forlì [il supermercato dove famiglie in difficoltà possono fare la spesa gratuitamente], dal 2020 al 2024, si è registrato un aumento del 50 per cento degli accessi famigliari, passando da 350 nuclei a oltre 770 a fine ’24, pari a 2500 persone di cui 800 minori.
Da segnalare poi l’aumento delle famiglie italiane ai nostri centri di ascolto, cosa che nel passato non accadeva. Questa vulnerabilità è dettata dalla situazione geopolitica, dalla crescita inflazionistica, ma anche da una diseducazione al consumo responsabile e alla gestione ordinaria della casa. Come Caritas lavoriamo a più livelli. In primis serve un’educazione al bilancio familiare. Nonostante i sussidi previsti, spesso spese straordinarie (acquisto di un’auto, un dentista…) incidono negativamente nell’economia domestica, il rischio è un eccessivo indebitamento, alimentato dalla richiesta di finanziamenti con tassi di interesse allarmanti”.
Altra criticità sottolineata da Monari è quella dell’abitazione, una problematica che coinvolge tutto il quadro nazionale, ma in Romagna, colpita dall’alluvione a maggio 2023, è ancora più sensibile: “Serve lungimiranza per rigenerare spazi abitativi e non creare quartieri di abbandono dove si muove la speculazione edilizia. Servono poi alloggi. Su questo punto è fondamentale ricostruire fiducia sociale tra proprietari e affittuari, educando alla gestione abitativa. Per questo stiamo lavorando per mantenere alto il valore della reciprocità e del rispetto vicendevole sensibilizzando sulla cura dello spazio casa.
Se c’è una cosa che funziona, infatti, nei nostri territori sono le reti di aiuto, tra enti del Terzo settore, privati e istituzioni, che permettono di co-progettare insieme, trovare finanziamenti e supporti materiali. Si tratta di reti relazionali che non vanno date per scontate ma costantemente alimentate”.
La multidimensionalità del fenomeno
Si evince che la povertà è un fenomeno complesso che non ha un unico volto. In passato si pensava fosse determinata solo dalla mancanza di soldi, ma il tempo ha dimostrato che è molto di più, ci sono componenti economiche, culturali, sociali, geografiche che condizionano la capacità di pensare a lungo termine, schiacciati nel qui ed ora. Sul punto interviene anche Mario Galasso: “La povertà oggi ha assunto i connotati di una spirale multidimensionale, dove la mancanza materiale si intreccia indissolubilmente con la fragilità relazionale, l’isolamento sociale, la sofferenza psicologica. La povertà moderna spezza i legami e si nutre di silenzio: ci si chiude in una solitudine lacerante piuttosto che ammettere le proprie difficoltà. Il dato che più mi inquieta è quello dei ritorni: sette persone su dieci richiedono aiuto, evidenziando situazioni croniche. Assistiamo poi a un paradosso drammatico: persone che lavorano, anche a tempo pieno, non riescono più a permettersi una vita dignitosa. Il lavoro ha perso la sua funzione di garanzia esistenziale. E le politiche sociali, spesso frammentarie e discontinue, creano vuoti improvvisi che inghiottiscono le persone vulnerabili. Il passaggio da una misura di sostegno all’altra può significare la differenza tra una stanza e la strada, tra la speranza e la disperazione”.
Il ruolo del volontariato
La povertà richiede quindi presenza e accompagnamento, ascolto e programmazione, una visione. È un puzzle da ricomporre, dove ogni tassello rappresenta una dimensione della vita. Solo così si può rompere il ciclo di vulnerabilità per un futuro migliore.
In un tale scenario, il volontariato è sicuramente in prima fila perché a contatto diretto con chi ha bisogno, una posizione di vantaggio per comprendere la gabbia in cui la persona è intrappolata e cercare di spezzarne il chiavistello, non solo con aiuti concreti ma attraverso un’umanità autentica con cui si creano legami profondi. “Tutto ciò che facciamo, lo facciamo con i volontari – spiega Don Alain – per 5 operatori ci sono 200 volontari attivi, pensando a tutta la rete di Caritas, sedi parrocchiali e centrale. Il loro ruolo è quindi essenziale per garantire i nostri servizi, se non ci fossero, non riusciremmo a fare niente. Sono persone che danno tempo per aiutare i poveri che purtroppo crescono costantemente e da qualche anno, dopo il covid, rischiano uno stato di povertà perenne. Non è, infatti, facile uscire dalla povertà e senza il volontariato non sarebbe possibile”.
Un ruolo che però non si esaurisce solo nel garantire il servizio, c’è anche un aspetto relazionale che arricchisce ancora di più ogni attività. “La gratuità totale del loro impegno – continua Don Alain – è un valore aggiunto, soprattutto per l’utente, quando comprende quel gesto: il volontario è lì perché ci crede e perché tiene alla persona che ha di fronte, si mette in gioco per lui, si offre senza nessun tipo di interesse”. Un messaggio di speranza che può diventare contagiosa appena lo si intercetta.
Ma non sono tutte rose e fiori neanche nel volontariato. Non mancano infatti criticità su cui le Caritas si stanno interrogando per un futuro non troppo lontano: “Un tasto dolente – conclude il Don – è il coinvolgimento dei giovani, i nostri volontari hanno età anche elevate, questo in un periodo non troppo lontano, potrebbe compromettere l’offerta dei servizi, ecco perché il nostro impegno è sensibilizzare ragazzi e ragazzi per un loro maggiore coinvolgimento”.