Il professore Pietro Pasini (nella foto insieme alla vicepresidente di Volontarimini Silvia Maraschio), consigliere uscente di Volontarimini, ha accompagnato il Centro di Servizio per i Volontariato in questi anni. La sua esperienza, protrattasi dal 2010 al 2020, lo pone in un punto di vista privilegiato nel racconto dell’attività dell’associazionismo riminese. Il suo percorso, a cui non possiamo che riconoscere note di una profonda saggezza, porta a riflettere anche sulle future sfide che attendono il Terzo settore, non sempre prevedibili come giustamente ricorda.
Come è cambiato il volontariato in questi anni?
Quale membro del Consiglio Direttivo di Volontarimini, di nomina regionale (Coge) – ora non più previsto dalla normativa vigente – ho visto crescere in numero e in attività il Terzo settore. La mia conoscenza delle singole associazioni avviene essenzialmente attraverso quanto è espresso in seno al Consiglio Direttivo composto dai Consiglieri eletti delle associazioni medesime. Da questa frequentazione ho ricavato la consapevolezza di un impegno che si è fatto sempre più maturo e consapevole al servizio della comunità riminese, a sostegno e tutela delle fasce minoritarie, ma diffuse e diversificate, di cittadini.
A mio modo di vedere il Centro di Servizi per il Volontariato si è dimostrato uno strumento efficace attraverso un’attività sempre più pertinente e qualificata.
Può fare qualche esempio?
Guarderei piuttosto al futuro. In questi ultimi tempi è in corso il processo di fusione degli attuali Centri di Servizio territoriali (Rimini, Ravenna, Forlì-Cesena) previsto dal nuovo ordinamento. Le modalità seguite da ciascun Centro nel proprio ambito territoriale sono chiamate a comporsi e integrarsi in un nuovo disegno normativo e organizzativo. Un nuovo Consiglio Direttivo dovrà confrontarsi con un impegno straordinario. Auguri di buon lavoro ai dirigenti e ancor più e in particolare a chi dovrà usufruire delle nuove strutture a tutela dei propri concittadini più deboli e meno rappresentati.
Ne sono cambiate di cose in questi anni…
Sì. Ho seguito i trasferimenti della sede del Csv, dalla prima “casa delle associazioni” nel pieno contesto cittadino alla sede più recente nel complesso edilizio dell’ex-seminario. Ho constatato le capacità e la qualificazione del personale amministrativo nelle varie funzioni. Ho assistito, come ho accennato, anche agli ultimi cambiamenti legislativi e normativi che prevedono una supervisione nazionale in nome di una omogeneizzazione e uniformità tra i vari ambiti territoriali.
In qualche modo, nell’intento di allargare il territorio di riferimento dei Centri di Servizio da una dimensione provinciale a multi provinciale o sub-regionale, si potrebbe incorrere nel rischio di diluire in un territorio più ampio e con specificità diverse (per risorse ed esigenze di assistenza al volontariato) l’efficacia degli stessi Centri di Servizio o delle strutture che ne prenderanno il posto. Questo perché si allarga la distanza tra le maglie della rete virtuosa di solidarietà che si è nel tempo e nel reciproco contatto andata costituendo al livello territoriale attuale. Chi vivrà vedrà. Tutti i miei auguri.
Il Centro di Servizio dovrà quindi affrontare più di una sfida in futuro…
Alcune prevedibili, altre imprevedibili o almeno inattese come ad esempio l’emergenza ancora perdurante della pandemia Covid-19 capace di cambiare l’ordine delle priorità ai più livelli. Con la speranza che l’intera comunità mondiale (sanitaria, assistenziale, legislativa, economico-produttiva, civica etc.) trovi e metta in opera tutte le risorse per superarla. Sul Centro di Servizio posso esprimere la speranza che possa mantenere almeno la capacità attuale, migliorandola se possibile, di porsi al servizio della parte più fragile e meno rappresentata dei cittadini di questo territorio.
Cosa ha rappresentato per lei essere un Consigliere di Volontarimini?
Dare un piccolissimo contributo al bene comune.
Se dovesse dare un consiglio ai nuovi membri alla guida del Csv, quale sarebbe?
Direi a ciascuno quello che, nella mia vita di medico ospedaliero ho ripetuto a me stesso e ai miei collaboratori: “non arrenderti troppo facilmente”, pensa che spesso quando viene la tentazione di dire “non c’è più niente da fare” ci può essere ancora tanto da fare. Il mio consiglio richiama un precetto forse dimenticato o superato: senza il rispetto per “l’altro” senza “amore del prossimo” nessuna capacità professionale, nessuna struttura tecnico-politica od organizzativa dà tutto quello che potrebbe dare.