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Generosità: positiva o negativa?

6 Set 2012

Il valore del gesto gratuito come scelta morale è stato interpretato nel pensiero filosofico sotto diversi punti di vista. Tra le varie teorie ci si potrebbe rifare a quella kantiana fondata sul rispetto delle obbligazioni e del dovere morale. O a quella utilitaristica che impone un calcolo oggettivo della felicità complessiva delle persone coinvolte in una decisione. Uno stimolo interessante viene da Massarenti che propone un concetto di generosità del tutto particolare

Che cos’è la “generosità lieve” e da dove nasce questo concetto?
Era un’idea che mi è venuta in periodo natalizio. Un modo di affrontare un problema filosofico in maniera collettiva, coinvolgendo i lettori con un contributo diretto. Generosità e moralità sono qualcosa di più complicato di quello che si pensa normalmente. Un atto buono può comportare non solo effetti positivi ma anche negativi. E tenerne conto è ancor una volta un atto di generosità. L’azione generosa può, per esempio, essere considerata umiliante e ancora la persona potrebbe non voler ammettere di avere bisogno di una determinata cosa. Ci sono molti possibili sentimenti, anche contrastanti, che le buone azioni possono suscitare e che potrebbero anche renderle vane. E mi sono arrivate diverse risposte dai lettori dimostratisi sensibili al problema, che mettono in risalto diverse sfaccettature.

Ci sono alcuni autori, filosofi a cui ha fatto riferimento nell’elaborare questo concetto?
Pensandoci ci sono sicuramente dei referenti in filosofia morale un esempio è sicuramente Nietzsche, in cui ci sono continuamente delle riflessioni sull’amicizia e questo modo indiretto di essere generosi. Anche nella filosofia morale dell’illuminismo scozzese ci sono dei riferimenti di rilievo, come Hume. Tuttavia, nel pensare al concetto di “generosità lieve”, non mi sono rifatto minimamente a nessuno nello specifico. Lo spirito della mia filosofia nasce dall’idea che si può fare filosofia pensando, chiacchierando insieme con gli amici interrogandosi su problematiche del vivere quotidiano.

Quindi un contatto diretto con i lettori attraverso la sua rubrica. Ma qual è la percezione del gesto gratuito che si evince da questa corrispondenza?
Come dicevo, sono arrivate molte risposte dai lettori, alcuni dei quali si sono dimostrati molto scettici affermando che il gesto gratuito non esiste, che dietro c’è sempre un interesse politico o personale. Sulla gratuità sono pertanto anche emersi dei dubbi. Non tutti sono, quindi, esempi positivi, ma quelli negativi dimostrano a maggior ragione l’assunto da cui ero partito: che essere generosi può anche produrre disastri e rovinare i rapporti tra le persone e che, dunque, una certa dose di accortezza e persino di astuzia può essere necessaria. Ci sono delle società, come spiegano gli antropologi, in cui l’economia è basata sul dono e sulla reciprocità più che sui prezzi ma anche lì ci sono dei problemi. La gratuità è quindi qualcosa di molto sottile non facile da definire, che va valutata nella sfera individuale, attraverso dei casi concreti.

In questi tempi di buonismo si rischia di fare confusione e mettere nel calderone di tutto?
Quello che io ho proposto è un esercizio un po’ raffinato per alimentare questa tematica. Non vanno, però, disdegnate anche delle modalità più dirette, per esempio azioni di ricerca fondi per situazioni disperate, che hanno una loro funzione. Al di là del buonismo la domanda forse che bisognerebbe porsi è quanto sono efficaci le azioni che si intraprendono, indipendentemente dal come. Lì si può forse mettere fra parentesi anche la sottigliezza, di cui si parlava prima: se certe azioni sono efficaci, anche se grossolane, si può chiudere un occhio.

Veniamo alla sfera del mondo solidale. Che ruolo può avere l’agire volontario all’interno di queste dinamiche?
Il volontariato ha un ruolo importantissimo, proprio in un contesto in cui la generosità può anche essere considerata brutale perché manca di sottigliezze. In uno stato sociale che garantisce diritti e servizi per tutti senza poter distinguere, per sua costituzione, fra i singoli cittadini, il volontariato può avere la funzione di cogliere le esigenze particolari che, ovviamente, un ente pubblico non può raggiungere. Il terreno è lo stesso ma la dimensione è diversa, nel volontariato c’è un surplus di sensibilità per le sfumature proprie di ogni singolo caso. Le associazioni sono radicate nel territorio, sono vicine alle situazioni con un’attenzione rivolta al dettaglio e ai particolari e l’istituzioni pubblica difficilmente può avere la stessa capillarità.

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