Un recente studio italiano, finanziato in gran parte dalla FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e riguardante la forma più diffusa di sclerosi multipla, ha dimostrato che chi è in sovrappeso rischia di più la disabilità, fin dalla diagnosi, aprendo la strada all’idea di utilizzare approcci nutrizionali, quali la dieta e la restrizione calorica, per modulare l’infiammazione del sistema nervoso centrale che è alla base della malattia.
Il peso eccessivo, dunque, peggiora la malattia: una verità per molte patologie, che ora questo recente studio italiano (condotto grazie a uno sforzo collaborativo tra l’Unità di Neurologia dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (Isernia), l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale (IEOS) del CNR di Napoli e il Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell’Università Federico II di Napoli, assieme all’Unità di Neuroimmunologia del San Raffaele di Milano) conferma anche per la sclerosi multipla.
Pubblicata dal periodico scientifico “Multiple Sclerosis Journal”, la ricerca ha coinvolto 140 persone con sclerosi multipla recidivante remittente, evidenziando come i pazienti in sovrappeso e obesi avessero un maggiore rischio di presentare già al momento della diagnosi una maggiore disabilità alla scala EDSS (Expanded Disability Status Scale), lo strumento comunemente usato per valutare la gravità della sclerosi multipla.
I ricercatori hanno approfondito inoltre a livello immunologico la relazione tra sclerosi multipla e peso corporeo eccessivo, analizzando i livelli di infiammazione del sistema nervoso centrale, la concentrazione di fattori connessi al peso corporeo, oltre alla concentrazione dei grassi nel sangue.
“Questo studio – dichiara Mario Stampanoni Bassi, neurologo dell’IRCCS Neuromed di Pozilli – conferma che l’obesità è associata ad una maggiore gravità sintomatologica della sclerosi multipla recidivante remittente. I nostri risultati suggeriscono quindi che l’eccessivo peso corporeo, o un profilo lipidico alterato, provochi una maggiore espressività clinica della malattia“.
“L’adozione di strategie specifiche, come la dieta o una maggiore attività fisica – aggiunge Diego Centonze, ordinario di Neurologia all’Università Tor Vergata di Roma e responsabile dell’Unità di Neurologia dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli – potrà aprire la strada alla possibilità di migliorare la condizione delle persone con sclerosi multipla, contrastando l’aumento di disabilità nel tempo“.
“Questo studio – conclude Giuseppe Matarese, ordinario di Patologia Generale all’Università Federico II di Napoli (Dipartimento di Medicina Molecolare) e responsabile del Treg Cell Lab dell’Istituto di Endocrinologia e Oncologia Sperimentale del CNR di Napoli – pone le basi e rafforza ancora di più la prospettiva dell’utilizzo di approcci nutrizionali (ad esempio dieta e restrizione calorica) volti a riprogrammare l’infiammazione nei confronti del sistema nervoso centrale“.